Come un fiore ad Aprile


Il cambiamento. Una mutazione, una metamorfosi, una trasformazione. L’essere umano ne è sempre stato ossessionato. L’uomo, in quanto un essere impotente d’innanzi a molti degli eventi, vede il mutare intorno a sé; a cominciare dalla natura. Cambiano, si trasformano, si metamorfizzano gli elementi naturali: le piante nel passare da una stagione all’altra, gli animali con il cambiare del clima (penso a quelli che più ho vicino, i miei cani, con le loro mute di pelo invernale-estivo estivo-invernale). Anche i liquidi, come l’acqua dei laghi di montagna o dei mari cambiano, assoggettati alle regole di questo universo. La temperatura cambia e varia; l’aria e le sue correnti – passando da uno strato all’altro dell’atmosfera – si trasformano, acquisiscono caratteristiche differenti. E l’uomo?

L’uomo è un tassello tanto semplice quanto tanto complesso. Eppure, nella sua complessità è l’unico essere che fa del cambiamento una questione nevralgica, ma incompiuta. La metamorfosi umana è sterile, poiché il cambiamento sempre apparente. Il cambiamento, come quello degli attori naturali altri dall’uomo, ha, nel suo dinamismo, l’obiettivo dell’immutabilità: uno stadio in cui i sensi e la coscienza sono pienamente sviluppati. Ma non nell’uomo. L’immutabilità è per esso una chimera. Un’illusione. Quando la trasformazione è reale essa è stabile, forte, salda, imperturbabile. Gli uomini che cambiano davvero sono pochissimi, eventi rari. Troppe le abitudini che imprigionano la mente. L’uomo è inconsciamente uno schiavo, schiavo delle proprie abitudini, schiavo della propria mente.

L’uomo deve imparare di più dall’osservazione della natura, da come muta il colore i petali di un fiore anche solo con il passare di alcune ore; l’immutabilità e la consapevolezza dei grandi vegliardi vegetali, che stanno lì, da secoli, a ricordare a ciascun uomo che la grandezza è semplicità.

Che l’uomo si metta in cammino, si perda, che l’uomo disimpari, che l’uomo ritorni ad essere quel viaggiatore, quel pellegrino carico di Vera Ignoranza: così può iniziare la ricerca, così può iniziare la trasformazione. E’ possibile riempire un vaso che è già pieno? L’uomo può cambiare, ma deve imparare a farlo. Può trasformarsi, ma deve voler aprire se stesso a nuovi orizzonti. Sempre gli stessi errori, gli stessi orrori, canta Franco Battiato in una canzone. E’ qui che l’uomo dimostra la falsità dei suoi cambiamenti: se una trasformazione, un cambiamento è davvero autentico allora non può procedere a ritroso e ricommettere le stesse azioni errate. Perché il cambiamento più forte, più vivo, più vero è sempre evoluzione.

Il cambiamento. Una mutazione, una metamorfosi, una trasformazione. Ma forse è solo una sterile ossessione umana.


Una replica a “Come un fiore ad Aprile”

  1. Non sempre il cambiamento è così evidente da renderci, agli occhi degli altri, diversi, ma d’altra parte, non siamo nemmeno sempre gli stessi perchè ogni esperienza ci cambia, anche solo impercettibilmente. Probabilmente non siamo in grado di realizzare una metamorfosi così vistosa come quella di molti fiori, dell’acqua o degli animali, ma come una montagna che sembra sempre uguale, anche noi, giorno dopo giorno, ci modelliamo con il tempo. Il cambiamento è un processo inevitabile, legato al concetto stesso della vita, anche senza che ne siamo sempre consapevoli.

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