L’uomo cammina. Il suo camminare lo ha portato, nel corso dei millenni, a migrare, emigrare, spostarsi, esplorare: per ragioni di sopravvivenza, per una vita migliore, per il piacere e l’amore verso la conoscenza. Oggi esplorare, a livello geografico, ha forse senso se allarghiamo i nostri orizzonti al di là dei confini terrestri, immaginando e volendo scoprire nuovi mondi in nuove galassie. Ma qui, sulla Terra quale può esserne il senso?
L’esplorazione assume quindi un altro significato: è innanzitutto un cercare se stessi, indagarsi e farsi indagare. Interrogarsi, scavare nel profondo e cercare di velare o rivelare quel velo di Maya che ognuno di noi si porta appresso. Perché dunque non allargare questa esplorazione interiore in un contesto naturale?

Il mushing è uno stile di vita che coinvolge cani da slitta e umani, li porta a vivere in simbiosi nel quotidiano; è nel quotidiano che si costruisce e rafforza il rapporto tra uomini e cani da slitta. È nel quotidiano che il musher si fa conoscere ed impara a conoscere i propri cani. Credo che il segreto per un reale e sincero rapporto coi propri cani non sia nell’avere su di loro il controllo e il dominio ne tanto meno di credere di possedere dei bravi animali ammaestrati, bensì il segreto è costruire un rapporto di fiducia e conoscenza reciproca. Se non mi fido dei miei cani come potrò permettergli, in condizioni difficili, di fargli prendere con consapevolezza e istinto proprie scelte e decisioni? Se i cani non si fidano di me come potranno accettare le mie indicazioni?

La mia idea di mushing ha al suo interno, tra le altre cose, il vasto concetto di esplorazione. Questo perché l’idea stessa di conoscere, di scoprire, di andare è insita non solo in me ma anche nella razza di cani da slitta con i quali ho intrapreso tutto questo: i Siberian Husky. Non si tratta, la nostra, di una esplorazione fine a se stessa ma legata ad un progetto atto in primis a stimolare le coscienze su come il primo passo per tutelare la natura (e l’ambiente) sia anzitutto viverla nel piccolo, nel proprio quotidiano. Ma viverla. E non come corpo estraneo o superiore bensì come una parte del tutto: una componente dell’insieme.
L’esplorazione di boschi, montagne, vallate diventa così non più un semplice andare alla “scoperta di un territorio nuovo” ma si vincola indissolubilmente ad un discorso di esplorare il proprio io interiore riportandolo alla sua dimensione più consona: quella naturale e in armonia con gli stessi elementi che la compongono.
Esplorare in solitaria, per me, significa vivere il mushing nel suo lato più anacronistico: Siberian Husky, slitta, tenda (o Jaranga), natura, senso di spazi liberi da scoprire, osservare e assaporare. Rivivere uno stato umano decisamente più consono a quella cosa che chiamiamo vita. E qui, come scritto all’inizio, entra anche in gioco una questione che si potrebbe definire etica. Un vivere la natura nel quotidiano coi miei cani che vuole essere una scossa, uno shock “emozionale” e di coscienza: se l’essere umano vuole continuare a sperare di poter respirare aria pura, bere acqua cristallina, sdraiarsi in verdi prati o godere della compagnia di migliaia tra insetti, mammiferi, uccelli, pesci deve riscoprire se stesso come una parte di quel tutto naturale; ritornare ad una vita in armonia con il pianeta e come parte tra le parti, consapevole dei propri limiti, del suo essere animale tra gli animali. Abbandonando le idee e concezioni di supremazia, di dominio, di controllo, di possesso.
Oggi è questo che vedo nell’esplorazione: un ritorno più umano vivendo nel quotidiano la natura, la Terra, nostra unica, preziosa e fragile casa.


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