Tra le tante tipologie di cani, suddivise in differenti razze, lavori svolti e attitudini, il cane da slitta è quello che probabilmente ha ricoperto – nel corso dei millenni – un ruolo centrale di assoluta predominanza nel condividere la propria vita con l’essere umano, soprattutto quello Tradizionale e Originario. Un percorso comune che incomincia in quel periodo storico che la vulgata della Civiltà chiama ‘preistoria’.

Oggi il cane da slitta è in via d’estinzione (come molte forme tradizionali di interrelazioni e di esistenze che non soddisfano l’omologazione globalizzata della Cultura Civile Dominante), poiché sembra non esserci più posto per lui in un mondo civilizzato che corre troppo in fretta, veloce, disattento; poco incline alla curiosità, alla calma, alla riservatezza e ad un rapporto equilibrato con gli spazi naturali. Non è questione di fama o gloria, non è mai stato quello. Il cane da slitta incarna un’attitudine o predisposizione mentale divenuta ormai rara, soprattutto per l’uomo-macchina di questi tempi. La bellezza e la gioia di perdersi in un ambiente naturale per il piacere di essere lì: viverci e viverlo. Assaporare ogni singola vibrazione, poiché la neve che si sfrega contro i pattini della slitta in corsa è un suono troppo ancestrale e fisico per rischiare di perderlo nei frenetici ritmi dell’oggi.
Occhi a mandorla, stretti in un pelo strategicamente perfetto, in grado di sopportare venti, tormente, ghiaccio e il riverbero del sole sulla regina dell’inverno perduto: la neve. Il cane da slitta, non troppo alto, non troppo grosso. Zampe adeguatamente forti e robuste, portamento fiero. Movimento leggero e costante. Spirito pacato e indomito. Gran lavoratore ma, cosa più importante, ottimo compagno di vita. Può risultare strano, soprattutto per gli amanti del “mettiamo il papillon ai cani” o del “ammore di mamma vieni qui che ti metto nella borsetta così non ti si sporcano le zampuccie”, ma il cane da slitta trova godimento nel lavorare, nel trainare e nell’assecondare il suo umano: in verità è un assecondarsi a vicenda, e guai se non fosse così.
È tutto qui: nel rapporto tra cane e uomo. È qui il segreto che trasforma un normale cane da slitta in un buon cane da slitta. È questo rapporto stretto il sigillo salomonico che spiega questa simbioticità d’esistenza, al di là di morfologiche, estetiche o strutturali masturbazioni didascaliche.

Il cane da slitta vuole lavorare e lo vuole fare con te. Te soltanto. Essere dove sei tu; stare con te. Che poi, significa esserci. È una presenza costante nella vita dell’essere umano che decide di accoglierlo, che sceglie di vivere con questo animale. Non una vita finalizzata alla corsa, alla performance o alla competizione: di tutto questo, ai cani da slitta, importa poco e forse nulla. A loro basti tu: una vita intenta a condividere un percorso fatto di giorni e giorni ininterrotti su una slitta, dormendo insieme in una tenda o una capanna; di giochi ed effusioni. A loro basti tu.
Il cane da slitta penetra il tuo spirito; lo fa in silenzio, osservandoti nelle fredde notti d’inverno. Lui sa che mai troverai pace rimanendo sempre fermo in un solo luogo. Raminga è la tua natura; come lo è la sua. Nel suono profondo del suo ululare l’eco del richiamo della Terra. È là che ti vuole portare, il cane da slitta: là fuori. Come te è nomade: l’opposto di ciò che sono i dettami della prigione dorata della civilizzazione.
Il cane da slitta è un invito al viaggio: fisico e interiore. Il viaggio dell’essere umano alla scoperta delle proprie origini.


Le immagini presenti nel testo raffiguranti Popoli Tradizionali con i loro cani, reperti archeologici e fotografie di spedizioni polari sono state prese dal web. Restiamo a disposizione qualora avessero diritti d’autore e ne fosse vietata la pubblicazione.
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