TOUR DEI TRE LAGHI: piccola esplorazione di una montagna


I viaggi, le esperienze, le avventure finiscono. E bisogna tornare. Bisogna tornare per raccontare e avere nuovamente la forza per ripartire. Con Indi e Ciuk ho scelto di fare della nostra vita un’avventura quotidiana: fatta di rinunce, sacrifici, ostacoli ma anche di grandi soddisfazioni. Soprattutto di soddisfazioni.

Un mese e mezzo per organizzare quello che abbiamo chiamato il Tour dei Tre Laghi: ciò che in maniera “leggera” ho definito una piccola esplorazione. In Valtellina, nella zona dei Laghi di Cancano. Un grosso invaso costituito da due dighe, crea a sua volta due bacini: il più piccolo lago di San Giacomo situato nell’area più in profondità dell’alto piano, e per l’appunto il grande lago di Cancano. Il terzo, e decisamente più piccolo dei due precedenti, è il Lago Scale; situato all’inizio di questa meravigliosa zona, vicino al punto della nostra partenza: le Torri di Fraele. Si tratta di due torri di vedetta e difesa, edificate nel XIV secolo. La nostra piccola esplorazione inizia proprio da qui: dalle Torri di Fraele.

Questa esperienza non è stata pensata in funzione dei chilometri da percorrere. Perché, quindi, racchiudere 30 km in tre giorni? L’idea era quella di vivere in autosufficienza, anche per un brevissimo periodo, con i miei cani, spostandoci e muovendoci al traino. In totale isolamento, soprattutto tecnologico. Infatti, siamo stati lontani da telefoni e connessioni: non perché me lo sono imposto, ma proprio perché ai Laghi di Cancano manca il segnale! Giusto per non cadere in tentazione… nonostante della tecnologia farei volentieri a meno.

Insomma, ho accentuato un aspetto che nella mia vita quotidiana è molto marcato: la solitudine. Viverla intensamente e in modo ancor più radicale nel silenzio della natura. E in questi frangenti la compagnia dei cani è risultata preziosa, come il suono della pioggia sul telo della nostra “Jaranga” o lo scorrere delle acque del fiume. Nello zaino ho portato tutto il necessario, per contrastare anche l’eventuale imprevisto: ad esempio ho portato con me un cambio (in previsione della pioggia che puntuale è arrivata), due maglie termiche F-All, fornello Enki Stove Wild elettrico con pannello solare, viveri essenziali, attrezzatura di scorta per i cani (linee, neck, moschettoni, booties, ecc.), la nostra Jaranga moderna, stakeout, un coltello L.E.O, il cibo per i cani e altre suppellettili fondamentali come il mio libretto per le annotazioni, la bussola e la “magic box”, ovvero una scatoletta metallica dove tengo il kit per le emergenze. Il tutto, a pieno carico, con un peso che si avvicinava di molto ai 30 kg.

L’ampia strada, il primo freddo stagionale, la pioggia che iniziava a cadere indisturbata e l’alta quota. Tutto quanto di meglio avremmo potuto sperare. Sì, perchè anche l’acqua in questi casi è ‘benedetta’: con la pioggia si è sempre sicuri di poterla trovare. Siamo partiti da una quota di 1.964 mt s.l.m. per arrivare intorno e non di poco superiore ai 2.000 mt s.l.m. E i cani hanno lavorato alla grande. La fortuna è stata quella di individuare un piccolo promontorio a ridosso di un fiume e del lago, dove sistemare il riparo, causa pioggia insistente e battente.

Cosa si prova a tenere un giorno intero (causa maltempo nella giornata di domenica), nella nostra piccola Jaranga di fortuna, due Siberian Husky? Una meraviglia. E’ stato il modo per prepararli anche psicologicamente a situazioni nuove: come per l’appunto restare tante ore – non solo di notte – al riparo, nella nostra “casa” di fortuna di un paio di metri quadrati. Sdraiati, seduti, stesi su di me ma rilassati; mentre ero intento a scrivere alcune pagine di appunti sul mio quadretto in pelle. E mi sono tornate alla mente le molte immagine storiche degli indiani ciukci, nelle quali diversi cani da slitta vivevano coi loro primi e veri musher: ossia figure e personaggi che avevano con la natura un rapporto privilegiato, unico. Erano tutt’uno con la natura, e i cani erano i compagni di lavoro e di vita. Non erano certamente “orpelli” o “macchine” adoperate esclusivamente per delle corse! Insomma, il cane come compagno anche per esplorare nuovi territori. 

Ed è stato bello poterli osservare lì, anche nella nostra “Jaranga”, in pace… sazi di quella vita e di quei giorni a contatto con una natura alpina selvaggia e selvatica, agli albori invernali. 

Il lunedì abbiamo ricevuto alcuni dei regali più grandi dalla nostra Madre Terra, e dal Cielo suo sposo: il sole! Tanto voluto, tanto desiderato. Anche la temperatura, sui 5° di giorno e i -4° di notte, era decisamente piacevole con i raggi che penetravano gli indumenti, la pelle, i muscoli e le ossa. 

Ma, come scritto nell’incipit iniziale, bisogna sempre fare ritorno. Così, con monopattino e zaino in spalla, abbiamo percorso la strada del ritorno alle Torri di Fraele esplorando le altre sponde dei laghi. Qui l’ennesima sorpresa, dovuta probabilmente al silenzio e all’isolamento autunnale dell’area: un magnifico Gipeto si è alzato in volo a pochissimi metri da noi: non nascondo di essermi enormemente emozionato. Avevo già visto, su al Passo Gavia, due anni fa, l’Aquila Reale. Ma un Gipeto è animale ancor più raro: sì mi sento maggiormente un privilegiato. 

Le esperienze che viviamo, il modo in cui le affrontiamo generalmente dicono molto della filosofia di vita di chi le realizza. E non importa, credetemi, ‘vincere’ sempre. Anzi, non importa mai ‘vincere’: nella natura non esistono vincitori né vinti. Esiste il rispetto dell’altrui dignità! Ed è questa una lezione che sempre bisogna cercare di apprendere. Quando vivo in solitudine e la solitudine insieme ai mei cani, vivo ciò che ho sempre sognato di fare: nella natura, cercando di trarre più giovamento possibile da essa, poiché l’essere umano è un animale della natura, anche se lo ha dimenticato. Ciò che ho racchiuso in questi tre giorni è l’idea che ho del mushing: un preparare i cani a vivere in simbiosi con me in un contesto ambientale selvatico, affrontando e gestendo l’imprevisto. Il mushing come stile di vita e non solamente come masturbazione agonistica chiamata “sport”! Perché il mushing, se esce dai labirinti del profitto, della competizione, “dell’istituzionalizzazione forzata” può essere uno stupendo baluardo di difesa dell’ambiente e del territorio, poiché ti spinge a vivere e respirare quel medesimo territorio!

Vivete la natura nel vostro quotidiano, nel bosco o nella montagna dietro casa, nel parco di quartiere, lungo i vostri fiumi o corsi d’acqua: vivetela e ascoltatela. E’ il primo passo per tutelare l’unica cosa che ci dà la vita: il nostro spazio terrestre, il nostro ambiente. 

Viva la solitudine, se avete il coraggio di viverla! Viva il silenzio, se avete l’intelligenza di ascoltarlo! Viva la natura e la montagna, se avete l’etica e la dignità del mettervi totalmente al loro servizio. E per quanto mi riguarda, viva i Siberian Husky e viva il mushing.


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