La Corsa Bianca. Non più a piedi ma con uno scooter fat appositamente pensato per la neve. A differenza della scorsa edizione, quest’anno la neve è scesa abbondante: eravamo elettrizzati, contenti. Anche se rappresentava un’incognita.
Siamo partiti da Monno, un piccolo paese sulla strada che conduce al Passo del Mortirolo, alle ore 21 di venerdì 9 febbraio, sotto una lieve nevicata che ci avrebbe accompagnato per un paio d’ore. Sapevamo dove andare, ma non avevamo idea di come in realtà si sarebbe presentato il percorso. E infatti le difficoltà non si sono fatte attendere. Dopo pochissimi chilometri, la neve si è rivelata un ostacolo arduo, complesso. Più del previsto. Ma la montagna non può essere prevedibile, altrimenti perderebbe di fascino. Non vi era un fondo abbastanza duro da poter reggere il peso del monopattino (che mi sono visto costretto a portare a mano) né il normale peso di una persona. Così, anche sulle salite più ripide, gli scarponi affondavano nella neve fresca, quasi molle, e le ruote del monopattino faticavano a girare. Se non fosse stato per i miei cani non sarei mai riuscito ad arrivare al checkpoint di Trivigno. Indi e Ciuk mi hanno letteralmente trainato, tirato e trascinato fuori dalla neve.

Passate le prime salite e i primi chilometri, e lasciatoci alle spalle il punto di controllo presso Malga Mola, il percorso presentava finalmente delle discese: anche qui, causa la neve pesante, rimanere sul monopattino era ostico. I cani lavoravano bene e si procedeva anche ad una buona andatura, ma, appena prendevamo un minimo di velocità, restare in piedi e in equilibrio sullo scooter fat era difficile: le tante cadute erano inevitabili.

Indi e Ciuk continuavano a fare i Siberiani e vederli lavorare così mi dava la forza psicologica per proseguire. L’imprevedibilità della montagna e degli agenti atmosferici avevano trasformato il tutto in una sfida eccezionale. Poco prima di raggiungere il checkpoint di Guspessa, presso una baita privata, davanti a noi una impervia discesa: un budello di strada molto stretto tra gli alberi; ripido, dove non mancavano balzi e salti. Ho sganciato Indi e Ciuk dalla linea di traino e li ho attaccati alla cintura da dogtrekking. Mi sono seduto a terra e via… coi cani lungo la discesa, fino alla fine: loro, che correvano, e io seduto nella neve che venivo trainato fino in fondo. Arrivati alla fine, ho assicurato i cani ad un albero e sono tornato a prendere lo scooter. Arrivati al checkpoint, siamo stati accolti da chi gestiva la piccola baita. I cani attaccati ad uno stakeout improvvisato e io all’interno, in attesa di ripartire, ad asciugarmi i vestiti accanto alla stufa a legna. Forse è vero che la Grade Corsa Bianca ha in sé, a livello intrinseco, qualcosa del Grande Nord: i luoghi, le difficoltà, la solitudine…e l’accoglienza e disponibilità delle persone che si incontrano.


Solo alle 5.15 circa siamo riusciti a ripartire; sapevo del cancello orario di Trivigno e le probabilità di arrivare in tempo erano poche, ma le condizioni della neve andavano migliorando. Dovevo tentare. Dopo una breve salita e un tratto in piano, una discesa di poco meno di 5 km circa, con il nostro immancabile ghiaccio (ne sentivamo la mancanza 😉 ). Ma ero conscio che lo scooter fat sul ghiaccio non avrebbe dato problemi. Così ci siamo lanciati di corsa lungo la strada che conduce a Doverio. Tutta al galoppo e al trotto veloce. Poi un imbocco sulla destra, su di una strada innevata, ma battuta alla perfezione, dove la neve reggeva bene. Indi e Ciuk andavano ancora di gran passo.
Probabilmente ai più non dirà nulla, e sembrerà addirittura infantile, ma dopo la fatica dei primi 18 km vedere i miei cani con quella voglia di andare, con quella voglia di trottare, è stata una grande gioia.

Eravamo arrivati così ad una spianata, prima di ricominciare a salire in direzione Trivigno. Qui, siamo stati accolti dalla montagna e dal suo spirito: soli, a goderci un’alba stupenda. L’azzurro del cielo, la neve bianca e cristallina, i miei cani. Non avrei potuto chiedere di meglio. E non credo di riuscire ad esprimere a parole ciò che i miei sensi hanno percepito, le emozioni che ho vissuto, abbracciando Indi e Ciuk, in mezzo a quella meraviglia.
Dopo un’ora davanti a noi ci era apparsa, quasi come la biblica Terra Promessa, il checkpoint di Trivigno. Qui ho capito quanto i Siberian Husky sanno essere cani straordinari: nonostante la fatica, Indi e Ciuk sono arrivati galoppando. Dopo averli visti lavorare così intensamente, vederli galoppare dopo 35 km percorsi, di cui 18 in condizioni davvero difficili e complesse, ha un valore importante: il lavoro di preparazione svolto è stato soddisfacente.


A Trivigno finì la nostra avventura causa ritardo e quindi chiusura del cancello orario. E’ andata così: il piccolo rimpianto di non essere arrivati in tempo per proseguire, ma la grande soddisfazione di aver visto i miei siberiani lavorare al meglio. Ed è ciò che più è importante per me.
Quest’anno mi sono molto concentrato su questo appuntamento; un lavoro non solo muscolare e di forza, ma soprattutto mentale. E devo dire che la strada intrapresa a settembre ha dato i frutti sperati. I dati che ho raccolto nell’arco della stagione mi permetteranno di migliorare sicuramente. Il rapporto che ho con i miei cani è sempre più intenso e forte. Questo è il vero segreto: complicità e condivisione.
La Corsa Bianca 2018 mi ha davvero dato molto, perché le conoscenze che ho sul potenziale dei miei cani sono molte di più, anche in condizioni particolarmente complesse. Ho faticato con loro… ma che soddisfazione vederli lavorare così bene!

Tirando un po’ le somme, per quanti l’hanno fatta coi cani penso sia stata ugualmente una grande avventura. Bello è aver osservato come forte sia stato lo spirito di aiuto reciproco: chi con una parola di conforto, chi nell’aspettare l’altro nel mettere le ciaspole, chi nel passare la borraccia con l’acqua o le batterie di ricambio e chi, come un paio di buoni matti, ha deciso, per superare le avversità, di unire i propri team con una linea da sei. Eravamo tutti su quel muro di neve, a scalarlo coi cani che ci tiravano fuori, lì in fila, a dirci: “Tutto ok? Dai, forza, non molliamo”. In modo diverso, avevamo qualcuno che dall’alto ci spronava a non arrenderci. Qualcuno che abbiamo pensato e portato con noi su quelle montagne, in mezzo a quella neve.
Non essere arrivati alla fine è un fallimento? Non essere arrivati fino in fondo è una sconfitta? Non credo. E’ ciò che insegna la montagna. Nel bene e nel male, è una perfetta metafora dello scorrere della vita umana. Ci sono le difficoltà, e spesso il traguardo vero è saperle affrontare e superare.
La Grande Corsa Bianca è così: non è una gara ma un vivere intensamente la montagna. E questa volta la montagna ci ha messo di fronte una neve difficile. E’ un fallimento? No, perché abbiamo fatto tesoro di questa esperienza. L’anno prossimo probabilmente saremo ancora nella piazza di Monno, Indi, Ciuk ed io per tentare di ripercorrere i nostri 87 km.
Viva i Siberian Husky, viva il mushing!
Post Scrittum
Ringrazio gli organizzatori della Grande Corsa Bianca, che conosco nelle splendide persone di Marco Berni e Mario Sterli. Disponibili e pazienti nell’assecondare noi coi nostri compagni a quattro zampe. Li ringrazio perché hanno saputo creare, insieme ai volontari e a quanti con loro lavorano, un evento che va al di là della competizione, della gara. Che è un qualcosa di chi fa della montagna uno stile di vita.
Un grande grazie a tutto il team dei super veterinari: dott. Sergio Maffi, Dott.ssa Sara Caretti, Dott. Federico Sgorbati, Dott.ssa Roberta Marchina e tutto il loro staff. Sempre presenti e disponibili.
Ringrazio i compagni d’avventura che ho incontrato lungo i primi chilometri e quanti coi cani hanno partecipato. Tutti col giusto spirito. E’ stato davvero bello.
Ringrazio sinceramente quanti mi stanno vicino in queste follie, mie e dei miei cani: Myfootbike Italia; SBK Italia – sport and job for your dog!; F-ALL; Club Laguna Blu; Agricampeggio La Luna e il Falò; Allevamento Keral’ghin – Siberian Husky; AleCod; MaurizioBonetti Photography; FrancescaCodina Photography, Arti Tipografiche Induno. Persone che credono nel nostro progetto, nei nostri valori e nell’amore che abbiamo per la natura e per i cani.
Ringrazio Filippo Cattaneo che mi è saputo stare vicino anche tutto questo anno di preparazione.
Ringrazio chi mi trasmette questo virus ogni giorni e ogni ora: Marco Ossola, un super musher e un amico. Davvero grazie, perché senza il suo aiuto non sarei riuscito a preparare questa avventura.
Infine ringrazio ciò che di più importate ho conosciuto in questi due anni: Indi e Ciuk. Amici, Siberian Husky, compagni di avventura. Lo dico chiaramente: siamo solo all’inizio! Ma nel nostro ‘calendario’ abbiamo inserito esperienze importanti da qui ai prossimi anni… la strada è tracciata: basta seguirla…
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