In un paragrafo del libro Elogio dell’Anarchismo di James C. Scott viene raccontata la vicenda della statua dello scultore turco Mehmet Aksoy intitolata Monumento al disertore ignoto delle due guerre mondiali. Una grande scultura nella quale si poteva osservare la sagoma – in negativo – di un uomo.
Questa scultura fece una sorta di tour nelle principali città della Repubblica Democratica Tedesca. Il lato tristemente divertente fu che la statua non faceva in tempo ad essere posizionata che arrivava immancabilmente il bando (oggi diremmo daspo) e la rimozione immediata dalle piazze in cui era stata esposta. E fu così di città in città. Il monumento alla diserzione non piaceva all’autorità costituita: poco importa se questa autorità fosse di destra, sinistra o centro. Non piaceva e doveva sparire.
Sulla statua, oltre al titolo, era posta una didascalia che recitava: all’uomo che si rifiutò di uccidere un altro uomo. James Scott evidenzia un interessante parallelismo tra questa scultura, mal vista e non voluta, con gli innumerevoli monumenti e sacrari che nacquero negli stati europei dedicati invece a quello che potremmo definire l’antagonista della scultura di Aksoy: il milite ignoto, cioè colui che si immola, ammazzando altri uomini, per la causa dello Stato, della Nazione e della Patria. In altri termini, un perfetto esempio del “servitore del potere”.
Proprio partendo da questa scultura, l’autore arriva ad elaborare il pensiero di come singole azioni anonime di protesta, spontanee e per nulla istituzionalizzate o comunque non costituite in realtà che definiremmo istituzionali (come per l’appunto la diserzione), alla lunga portino al cambiamento proprio perché mossi da ideali e valori che mirano ad una reale trasformazione del tessuto comunitario umano. La vera protesta non ha bisogno di pubblicità mediatica o rappresentanza istituzionale, altrimenti non farà altro che prestare il proprio fianco al potere vigente, arrivando quasi sicuramente ad andarvi a braccetto. L’autorità del potere costituito ha tutto l’interesse affinché finte proteste esistano, siano incanalate a livello istituzionale e vengano così inglobate dalla Grande Macchina della Civiltà per far sì che siano sempre controllabili e gestibili. Contrariamente, la vera protesta è sempre anonima e “silenziosa”, come un vero atto di diserzione:
Una doppia cospirazione del silenzio avvolge nell’anonimato questi atti. Chi li compie raramente cerca di richiamare l’attenzione su di sé. La loro sicurezza [ed efficacia] sta nell’invisibilità. Ma anche le autorità sono riluttanti ad attirare l’attenzione su questi livelli crescenti di disobbedienza, per non incoraggiare l’emulazione e per non rendere evidente la fragilità della loro influenza morale (J. C. Scott, Elogio dell’Anarchismo, Milano 2022, p. 40)
Oggi abbiamo bisogno di disertori. Ogni giorno vengono fomentati conflitti armati sempre più violenti in diverse regioni del mondo, scontri voluti dalla Civiltà e dalle legioni (politici di ogni schieramento, istituzioni statali, parastatali e sovranazionali come l’Unione Europea o simili) per perpetrare il proprio domino, possesso e controllo; la chimera di una maggior sicurezza seduce i governi e le istituzioni della Civiltà ad adottare misure sempre più stringenti, perché la massa delle persone è disposta – grazie all’ormai assodato metodo della carota e del bastone – a rinunciare non solo alla libertà ma alla vita stessa in nome di una illusoria sicurezza; emergenze perenni di varia natura narrate dal potere costituito echeggiano stabilmente nelle menti degli individui che tollerano di conseguenza metodi disumani di coercizione e repressione così subdoli da sembrare quasi benevoli.
Se nella prima metà del ‘900 i veri eroi furono i disertori e non certo i vari macellai appartenenti ad eserciti più o meno regolari, oggi abbiamo bisogno di nuovi disertori dell’apparato della Civiltà. Disertori silenziosi che con i loro gesti e le loro azioni decidano di non alimentare ulteriormente la Grande Macchina della Civiltà composta prevalentemente da istituzioni, stati e nazioni, burocrazia. Abbiamo bisogno di disertori che si rifiutino, nell’anonimato, di partecipare attivamente alla vita del Grande Leviatano Istituzionale. Se abbiamo a cuore la vita del mondo, la natura e gli esseri umani dobbiamo disertare. Anche le nuove chiamate alle armi. E lo dobbiamo fare singolarmente, ciascuno secondo i propri mezzi e le proprie capacità, senza organizzazioni di alcun tipo, senza istituzionalismi, senza possibilità di concertazione con il potere, perché un carnefice non vuole mai davvero aprirsi ad un dialogo che possa mettere fine al proprio esistere.
Mi vengono alla mente, ad esempio, anche le innumerevoli proteste di associazioni ambientaliste del tutto istituzionalizzate e tollerate dal potere costituito (anche se sovente appare il contrario). Questi movimenti, fuggendo l’anonimato e rivolgendosi non alla coscienza del singolo per innescare un cambiamento ma alle solite istituzioni poiché credono che la malattia possa magicamente decidere di tramutarsi in una cura, in realtà mantengono lo status quo di dominio, possesso e controllo che la Civiltà esercita sulle vite degli esseri umani e non. Quando la protesta non presuppone una totale diserzione dalla Civiltà e dalla sua scala valoriale e di visione del mondo, perde di efficacia. Coloro che cercano in tutti i modi di farsi notare nell’atto delle loro proteste con “schiamazzi” o scene plateali di disordine, potete stare certi che prima o poi li vedrete all’interno della stanza dei bottoni, impettiti a dominare e controllare la vita delle persone: burocratizzati e istituzionalizzati. Il potere costituito non ha alcun interesse che atti di rivolta e protesta autentici vengano divulgati o resi pubblici; dunque, per entimemico ragionamento, tutto ciò che diviene manifesto, in una realtà sociale tendenzialmente fittizia e falsa, è a sua volta fasullo.
Dunque, le azioni di protesta pericolose volte realmente a scardinare il sistema e comprometterne il funzionamento, come la diserzione, “sono in genere tutte anonime, non proclamano a gran voce il proprio nome. E questo contribuisce alla loro efficacia. Non avanza rivendicazioni pubbliche, non redige manifesti. È una via d’uscita, non un modo di accampare ragioni”, scrive ancora Scott a p. 42 del suo testo Elogio dell’Anarchismo.
Abbiamo bisogno di disertori. Siate disertori. Nella nostra vita, occorre essere disertori. Disertiamo l’apparato Civilizzatore coi suoi valori di dominio, possesso e controllo; disertiamo silenziosamente ma attivamente ogni gradino della scala gerarchica istituzionale. Il nostro mantra deve essere: disertiamo. Se vogliamo immaginare e tentare di ricostruire una vita in equilibrio con la Natura, la Madre Terra e le sue Leggi, allora dobbiamo disertare tutto ciò che ci allontana da queste Leggi. Diveniamo tutti piccoli anonimi disertori.


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