Ci troviamo di fronte ad una situazione drammatica ormai sotto gli occhi di molti. Il “maltempo” che vediamo è emergenza climatica; l’aria che più non respiriamo è emergenza climatica; l’acqua che faticheremo sempre più a bere è emergenza ambientale; i boschi e le montagne in sofferenza sono emergenza ambientale; la presenza e la fomentazione del turismo (anche quello ammantato di ‘sostenibilità’) è emergenza ambientale.
Ma quello che stiamo vivendo, di cui molti faticano ancora a prendere consapevolezza con coerenza e coscienza, è soprattutto un’Emergenza Ecologica. L’ecologia ha tra i suoi più grandi significati quello di essere interazione tra i viventi e il loro ambiente. L’essere umano originario, tradizionale, è un essere ecologico poiché la sua esistenza è costruita su rapporti con l’ambiente: animali, vegetali, minerali, altri esseri umani; capiamo bene che nel definire Ecologica l’attuale emergenza voglia sottolineare come a rischio siano proprio tutte queste interazioni. Senza di esse, infatti, nulla è possibile, poiché noi e l’ambiente, noi e ogni elemento presente sul pianeta siamo cellule di un unico “organismo”: se una cellula si ammala l’intero “corpo” va in sofferenza e piano piano si spegne, fino a morire. Purtroppo ci troviamo al punto in cui stiamo iniziando ad intravedere i primi chiari sintomi della malattia.

Abbiamo individuato le cause di questa crisi? Certamente, anche se non all’unanimità. Le cause sono molteplici: emissioni di CO2, utilizzo sconsiderato delle risorse del pianeta, consumismo, capitalismo, neocolonialismo, deforestazione, inquinamento degli oceani. E ancora e nello specifico: spostamenti con aerei, allevamenti intensivi, agricoltura intensiva, grandi navi, turismo di massa, combustibili fossili, metodologie “invasive” di produzione elettrica, ecc.
Eppure, le cause sopraelencate mettono in ombra l’origine principale del problema: la Civiltà. Se non compiamo questo atto – anche doloroso – di riconoscere nella Civiltà e nella Civilizzazione la causa prima, originaria, di questa grande emergenza Ecologica non ci saranno protocolli, patti, accordi, Cop26-27-28-ecc. che riusciranno a porvi rimedio. E anche la più piccola buona azione quotidiana sarà una compartecipazione velata all’ipocrisia della Civiltà. La Civiltà tutta è causa di questa emergenza Ecologica, che è progredita esponenzialmente con il cammino intrapreso dall’essere umano e che – la storia dei vincitori – ha chiamato Civilizzazione.
Ma come si può fronteggiare questa causa primaria? Provocatoriamente, fermando la Civiltà. E l’atto più concreto da fare è cambiare radicalmente lo stile di vita di ciascuno di noi, poiché è esso stesso emanazione della Civiltà. Capitalismo, consumismo, neocolonialismo economico e industriale non possono né potranno mai essere ecologici, mai! Non possiamo ambire e sperare di risolvere il problema dell’emergenza Ecologica con un capitalismo o un consumismo “buono”. Dobbiamo riabituarci al poco, al meno, al riutilizzo delle piccole risorse che abbiamo a disposizione e a “portata di mano”. E non è utopia perché i popoli tradizionali della Terra – che in numero sempre minore oggi vivono lontani dalla Civiltà – ne sono un esempio. È possibile accordare la nostra vita all’armonia del Pianeta? Credo di sì.
Non possiamo risolvere l’emergenza Ecologica restando fedeli alla Civiltà. Non possiamo. Riusciamo ad allargare la nostra zona di comfort e andare oltre queste illusioni che abbiamo permesso alla Civiltà di crearci? Nel corso dei secoli abbiamo fatto ingenti scoperte, ma queste hanno presto condotto all’abuso: la tecnologia ne è un esempio lampante. Ma essa è forse il lascito della Civiltà che potremmo adoperare per uscire da questo impasse, a patto di non trasformarla, per l’appunto, in un surrogato umano e diventarne dipendenti.
La Civiltà è il problema da risolvere poiché ci pone, nei confronti di ogni forma di vita di questo pianeta (animali, vegetali, minerali, popoli tradizionali), su un piedistallo di superiorità, diritti, omologazione, standardizzazione, prevaricazioni, dominio, controllo e potere. Abbandonare la Civiltà significa rinunciare a tutto ciò, riconnettendosi ad una vita umana in armonia e accordo con il Pianeta. Se la Civiltà è l’origine dell’emergenza Ecologica, non può essere la Civiltà a trovare essa stessa la soluzione. Una qualsiasi malattia non può – dall’oggi al domani – decidere di non essere più malattia. Deve partire da noi singoli, smarriti e impauriti Umani della Civiltà, questo cambiamento totale e radicale. Continuo a sentire parlare di crescita e di lavorare per una crescita sostenibile, ma ancora non abbiamo compreso che crescere ad ogni costo significa perire. Più cresciamo e più il flusso vitale del nostro sistema civilizzato continuerà imperterrito a fagocitare il mondo. E una volta cresciuti e cresciuti e cresciuti e cresciuti ma con il pianeta devastato, cosa faremo? Serve coraggio, per compiere questo balzo evolutivo. È un salto nel buio? Probabilmente sì. Ma è dalla consapevolezza dell’esistenza del buio che possiamo gioire e godere della bellezza della luce. In fondo, quello che abbiamo da perdere è moltissimo: il nostro futuro. Serve coraggio, ma occorre che questo salto volto all’abbandono della Civiltà avvenga dentro di noi, tramite le nostre azioni e le nostre scelte. Non occorre aspettare che le concertazioni dei politici e delle istituzioni arrivino ad una decisione: non decideranno mai. Se la Civiltà permette profitto, consumi, capitali, crescita, perché mai dovrebbero abbandonare uno stile di vita che gli faccia fare così tanti “guadagni”? Plasmeranno uno stile di vita sempre consumistico e volto alla crescita ma con il prefisso “green”, per lavarsi la coscienza.
La Civiltà è il problema. La Civiltà ha avuto il merito di creare la Società; infatti noi ci definiamo e ci definiscono come una società: gli uomini vivono in società. La società civile! Quante illusioni, vero? La società per sussistere ha bisogno di tutte quelle caratteristiche che solo la Civiltà può dare, ciò che si definisce ‘benessere’.
Gli esseri umani, però, non sono una società e non possono quindi vivere incasellati in una società, poiché è innaturale. E l’effetto di questa vita innaturale è l’emergenza Ecologica che stiamo attraversando e che nel ventunesimo secolo sta entrando nel suo apice. Gli esseri umani sono una socialità e dunque per sviluppare e far rivivere questa socialità occorre recuperare l’idea di comunità. Non siamo una società, una holding; siamo una comunità: la comunità degli esseri umani.
È giunta l’ora di porre fine alla Civiltà adoperandoci per la creazione di una comunità di donne e uomini che vivano in armonia con il Tutto. Possiamo farlo? Siamo disposti a rinunciare alla Civiltà per una vita che si possa realmente definire tale?
A voi la (spero) sincera risposta.
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