Ognuno di noi vive la propria esistenza come meglio crede. Al meglio delle proprie capacità e delle proprie forze; secondo lo sviluppo della propria coscienza. Perché la natura non è né democratica né tanto meno egualitaria: è selettiva. E sempre proiettata verso un orizzonte lontano.
Ognuno di noi ha con la montagna – e la natura in genere – un rapporto: chi la fugge, chi la vive, chi la respira, chi se ne innamora, chi vuole arpionarla e comandarla, chi sottometterla, chi pretende di averne il controllo (compreso sugli animali). Ognuno sceglie la maniera più consona di vivere la montagna. Nel mio progetto di esistenza di questi anni ho deciso di viverla coi miei cani: i Siberian Husky. Più che vivere la montagna, i miei cani mi hanno educato nel costruire un rapporto autentico e genuino (a tratti di una semplicità che può apparire ingenua) con la natura e l’ambiente: un rapporto fatto di silenzio, di attimi presenti, di solitudini. Se anni fa ho iniziato ad amare la natura, oggi grazie ai miei cani posso affermare di lavorare alla costruzione di un legame con essa. Un legame forte, indissolubile, che va al di là di qualunque cosa.

Il Siberian Husky è un cane da slitta e come tale trova il suo appagamento mentale, psicologico e spirituale nel lavoro di traino: non un lavoro di pochi minuti, ma un lavoro di ore. Coi miei due cani ho imparato a stare fuori delle ore e giornate intere); e in quelle ore apprezzare ciò che la Madre Terra dona agli occhi di chi sa vedere. I piccoli cristalli della neve, gli animali selvatici che più di una volta abbiamo avuto letteralmente al nostro fianco, le foglie secche nel periodo autunnale; le basse nuvole degli Appennini, l’immensità quasi divina delle Alpi, la visione possente dei ghiacciai. Che sia su terra o su neve (sled-dog) questo lavorare diventa una collaborazione, diventa un avvicendamento di insegnamenti: i cani insegnano a me come io insegno a loro. Più volte ho definito questo rapporto come un rapporto simbiontico. L’ascolto, l’ascolto è la chiave di tutto; la predisposizione all’ascolto e il mettersi in ascolto. E l’ascolto dovrebbe essere prerogativa anche dei rapporti umani. Sarò banale nell’affermalo: non vi è alcun istruttore o educatore cinofilo che possa insegnarvi questo stile di vita; né alcuna istituzione precostituita. Solo un’entità lo può fare: i vostri cani. Una volta un caro amico mi disse che i cani non si allenano ma si preparano: una differenza che credo sostanziale! L’allenamento è finalizzato ad un singolo evento (gara o escursione che sia), la preparazione permette di fronteggiare anche l’imprevisto.
Il mondo del mushing è certamente uno stile di vita affascinante. Mi capita di partecipare a gare e competizioni: sempre bello e coinvolgente. In questi due anni ho avuto la fortuna di partecipare sempre a gare che definirei belle; belle per ciò che ti lasciano e per i rapporti umani che si costruiscono. Affermo che si tratta di fortuna, perché nella miriade di gare che vi sono (soprattutto su terra) il rischio di concorrere in manifestazioni dubbie o poco serie c’era. Ma grazie a Dio così non è stato. E porto nella mia memoria il ricordo di esperienze degne di essere ricordate.

Ma la montagna ha un richiamo per me e i miei cani irresistibile. Esercita un fascino che difficilmente può essere spiegato a parole. Che difficilmente trovo in una competizione agonistica. Stare giorni e notti là fuori, da soli, godendo di una libertà assoluta, senza vincoli di cronometro o di tempo ma per il solo piacere di andare e vivere. Quanta vitalità nei nostri cani! Perché rinchiuderla in un dato spazio se si hanno le opportunità di scatenarla liberamente per giorni e notti intere?
Senza natura e senza montagna non potrei stare; senza i cani non potrei scoprirla al meglio. Quel meglio che piace a me e al mio spirito. Si dice spesso che se si fa il lavoro che più si ama, si avrà la sensazione di non lavorare mai. Bene, questo è il lavoro più bello che si possa fare, almeno dal mio punto di vista.
Mettersi in ascolto dei cani è creare un rapporto, un rapporto che nasce e si fortifica nel corso del tempo. Ecco perché, in modo blasfemo e parafrasando un passo evangelico, affermo che non di sole gare vive il musher, ma di ogni istante di vita che trascorre coi propri cani. Il cane da slitta, e nello specifico il Siberian Husky, è prima di tutto cultura. Credo, come ha affermato giustamente Filippo Cattaneo in un’intervista che gli feci tempo fa, che il Siberian Husky non sia stato capito. E il motivo, forse, è semplice: è cultura, rappresenta una cultura. Per comprendere il Siberian Husky bisognerebbe capire cos’era il cane siberiano arrivato in Alaska dal popolo Ciukci; bisognerebbe comprendere e conoscere gli indiani Ciukci; bisognerebbe conoscere ogni aspetto culturale (anche ctonio e cultuale) della siberia tradizionale: dai riti religiosi ai riti della caccia, al sistema sociale e artigianale. Ogni cosa. Allora, forse, si potrà comprendere chi era il cane siberiano che trainava slitte e il suo discendente nato in Alaska alla fine degli anni ’30 del ‘900, il Siberian Husky. Non un cane da corsa, ma un cane in grado di svolgere un’attività lavorativa in comunione con l’uomo come soli pochi altri animali sanno fare. Perché è un compagno di vita quotidiana, quella vita quotidiana che è diventata la nostra avventura più bella. Un cane che mai e poi mai ci lascerà nelle difficoltà del tragitto: sempre ci porterà sulla giusta via.

Dove mi porterà il cammino? Non mi ritengo di essere un musher (anche se non nascondo che un domani mi piacerebbe guardarmi allo specchio e dirmi: hai i tuoi cani, stai per fare qualcosa di stupendo. Ora sei un musher. Ma ammetto che è una visione alquanto romanzata e forse romantica della realtà); per essere un musher bisogna avere delle qualità (non solo umane e cinofili ma anche morali). Per esserlo bisogna avere cani in un numero decisamente superiore a due (o a quattro), cosa che come si evince non ho, per ora. Perché due cani da slitta non possono di certo fare un musher. Ma certamente la volontà è quella di avvicinarmi sempre di più a questo mondo per poterne fare parte: perché è un mondo libero, fatto di libertà e – con la giusta dose di forza e coraggio – lontano da condizionamenti esterni che spesso possono essere letali per lo spirito. Perché? Per poter vivere al meglio e andare là, da soli, in mezzo a quel nulla naturalistico che ha tanto valore. In fondo questo è il mio piccolo progetto: poter viaggiare e vivere la natura insieme ai miei cani da slitta.
Viva la natura, viva la montagna, viva il mushing e viva i Siberian Husky.

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