“Via delle Vette”: cosa abbiamo portato nel nostro zaino?


Non sarà il resoconto di sette giorni della nostra partecipazione al dog trekking Via delle Vette. Anche perché thedogventure ha già provveduto puntualmente a pubblicare un articolo raccontando cosa è stato: Via delle Vette – Dog Trekking in Alta Valle Camonica

Di esperienze come la Via delle Vette, io e i miei cani, ne abbiamo fatte diverse; eppure mi sento di affermare come questa sia stata la prima volta in cui si è creato un gruppo – umano e canino – affiatato e in sinergia sino alla fine, se di fine si può trattare. 

I dog trekking di gruppo hanno certamente la bellezza della condivisione, la condivisione di un’esperienza che, nello stile di thedogventure, è spesso al limite dell’estremo dove le comodità sono spesso ridotte al minimo perché ciò che conta è vivere il proprio cane ventiquattr’ore su ventiquattro, dormendo in tenda, in regime di semi autosufficienza. Ovviamente nella pi totale sicurezza. Anche perché, in questo caso, i chilometri non erano eccessivi (108 km) ma il dislivello (11.680 mt) ha sicuramente caratterizzato un’incognita e una difficoltà nello scegliere il tipo di materiale da portare. Perché quando si fanno dei dog trekking (e i trekking in generale) saper fare lo zaino è fondamentale, uno zaino che deve contenere non solo il nostro necessario, ma anche e soprattutto quello dei cani. Dico soprattutto perché il cane resta il punto fermo da cui parto, sempre. E questo a maggior ragione quando affronto esperienze – in dog trekking o in monopattino (monopattino rigorosamente myfootbike Italia) – che mi hanno portato a stare fuori più e più giorni, anche in solitaria, con l’esclusiva compagnia dei miei cani. Perché io posso farmi anche male, posso infortunarmi, posso avere carenze alimentari, ma i cani no, mai: se i cani stanno bene ho l’assoluta certezza che essi possono, anche in un momento di difficoltà, “riportarmi a casa”. E qui entra in gioco la fiducia che bisogna ciecamente avere nei confronti dei propri cani. 

Per la Via delle Vette non è stato semplice fare lo zaino. In realtà non è mai semplice. Anche perché fare lo zaino non è un lavoro a riempire, ma a togliere. Avere cioè la capacità di portarsi dietro l’indispensabile pensando anche all’insorgere dell’imprevisto, perché credetemi – soprattutto su uscite di più giorni – l’imprevisto può divenire realtà. Ci sono decine e decine di libri che elencano come preparare uno zaino. Io vi consiglio l’ultimo che ho letto, L’arte di fare lo zaino di Andrea Mattei, Ediciclo Editore. Un libretto agile che oltre a suggerirvi il materiale fondamentale, fa – di questo materiale – una narrazione storica a dir poco strabiliante. 

Dal 26 maggio al 3 giugno si è svolto la Via delle Vette, e quest’anno l’incognita meteo è stata tanta. L’Alta Valle Camonica è un territorio meraviglioso; solo a livello paesaggistico il dog trekking organizzato da thedogventure si era già preannunciato meraviglioso. Ma cosa portare? Cosa infilare dentro il nostro “maledetto” zaino?

Il primo dato che sono andato a verificare è stato il meteo e le probabili temperature. Questo perché le possibili piogge (che si sarebbero poi abbattute in quei giorni) davano la forte probabilità di una grande umidità che col sole caldo avrebbe alzato le temperature per poi, durante la sera e la notte, abbassarle repentinamente, soprattutto in quota, sopra i 1900 mt e i 2100 mt. E così è stato. Visto ciò, ho subito optato per portare con me pochi indumenti: due maglie termiche (manica lunga e manica corta) e un cambio termico pesante da usare in tenda nelle ore notturne. Utilizzo, in queste occasioni e in tutto ciò che faccio coi miei cani, maglie termiche F-ALL: un’azienda italiana che, avvalendosi della più alta tecnologia per realizzare capi d’abbigliamento termico e tecnico, progetta, realizza e produce interamente in Italia, nel suo stabilimento in provincia di Mantova. Sono maglie che non mi hanno mai deluso: usate in inverno a -20°, come a +20° in primavera o estate. Il segreto? Un’elevata capacità di assorbimento del sudore; per quelle invernali e pesanti un bassissimo tasso di dispersione del calore corporeo; per quelle primaverili a maniche corte un’elevata capacità traspirante. In più, come è stato per la Via delle Vette, facilmente lavabili (anche nell’acqua di un fiume) e dall’asciugatura rapida: fondamentale per chiunque viaggia per più giorni e, per ragioni di spazio-peso, ha necessariamente un cambio abiti ridotto. Avere l’indumento termico pesante da usare di notte mi ha permesso di utilizzare un sacco a pelo leggero (quasi un sacco lenzuolo): piccolo, comodo e appunto leggero, in modo da non portar via spazio nello zaino e non influire sul peso da trasportare sulla schiena. Anzi, di notte faceva persino caldo, alle volte!

Il resto dell’abbigliamento è stato questo: due paia di pantaloni e il cambio di indumenti intimi. Poca ma indispensabile “roba”. Fondamentale è stato il poncho, che preferisco al normale k-way; perché? Il poncho copre anche lo zaino e, come è successo durante la Via delle Vette, di fronte a rovesci improvvisi è facile e veloce da indossare; in più permette un’areazione leggermente maggiore del k-way poiché dotato di più aperture. Insomma, si evita  “l’effetto serra” che mi da particolarmente noia.

Immancabile insieme a me, oltre al cappello, sono due oggetti fondamentali: la kefiah e il coltello. La kefiah, questo enorme telo proveniente dal mondo arabo, è uno strumento duttile, quasi infinito: può proteggerci dal sole, può essere un morbido pezzo di stoffa da mettere sulle spalle e sentire meno gli spallacci dello zaino, può divenire un telo da stendere su di un prato. L’ho usata in mille modi: qualche mese fa, quando feci un’escursione di tre-quattro giorni in monopattino da solo coi miei cani, è stata la mia tovaglia per bere il thé caldo 😉 

Il coltello. Un buon coltello non è solo “lama” ma è anche manico, impugnatura. La lama serve per tagliare, aprire… ma un buon manico può avere anche altre funzioni: ad esempio, essere un piccolo martello per colpire i picchetti della tenda se il terreno è particolarmente duro. Un buon coltello è quindi fondamentale. Da qualche mese sto facendo la conoscenza, oltre ad usarlo in maniera assidua, di un coltello della Coltelleria Scintilla di Treviso chiamato L.E.O. (Law Enforcement Only). Un’ottima lama e un’ottima impugnatura. Lama fissa, ovviamente. Non troppo grande, facile da portare e rapido nell’utilizzo. Un coltello leggero, che pesa solo 195 gr, in acciaio con impugnatura antiscivolo e percussore posteriore. Il coltello può farti uscire da situazioni impreviste.

Il resto che ho “buttato” nello zaino, cercando di seguire un criterio di distribuzione del peso, è stato il piccolo occorrente quotidiano: un bicchiere in alluminio con moschettone (da agganciare in realtà all’esterno dello zaino); spazzolino da denti; sapone di Marsiglia, asciugamano sintetico, borraccia in metallo, quadernetto per gli appunti, una matita; una scatoletta metallica con all’interno del cotone, dei fiammiferi e del filo interdentale; una bussola. Una lambada frontale con batterie di riserva; una macchina fotografica. Un caricatore portatile. E (purtroppo) il telefono cellulare.

In una normale escursione, si potrebbe dire che forse è tutto qui. Forse…

Comunque, non è tutto qui perché “qui” ho anche i cani. Quindi, ovviamente, non possono mancare gli imbraghi: utilizzo quelli della SBK ITALIA, azienda artigianale italiana dalla qualità eccelsa e che utilizza solo materiali prodotti in Italia. Sono imbraghi da lavoro che adoperano materiale ad alta resistenza e molto performanti, e sicuramente non realizzati con ‘cartone’ per giocare al “guadagno facile e al risparmio assoluto”! Collari, di cui due di scorta, sempre SBK ITALIA. Tre tipologie di linee: due linee doppie (che consentono ai cani di lavorare l’uno a fianco all’altro), di cui una di riserva; una linea per due cani ma con attacchi sfalzati (un cane davanti all’altro): questo perché se ci si fosse imbattuti in un sentiero molto stretto, magari a strapiombo, usando questa linea avrei tenuto i cani in sicurezza. Due moschettoni; altri piccoli moschettoni di scorta; due neck line; una cintura d’arrampicata alla quale agganciare la linea, e quindi i cani. Una bottiglia d’acqua vuota da utilizzare come riserva idrica per i cani, qualora sul percorso non ne avessimo incontrata per chilometri: grazie al cielo, nella Via delle Vette di acqua ce n’era fin troppa! Infine, l’immancabile stake-out coi picchetti!

Ah, ovviamente tutto l’occorrente di primo soccorso: cerotti, garze, disinfettante, ecc. Che vada bene sia a me che ai cani. 

Avrò elencato tutto? Sicuramente quasi tutto l’occorrente c’è. Anche se al termine di ogni esperienza, sia essa in solitaria o di gruppo, mi accorgo sempre di cosa potevo portare e cosa avrei potuto lasciare a casa. Perché in fondo, come ho letto recentemente in un libro, fare lo zaino è proprio un’arte!

La Via delle Vette è stata per noi un’esperienza meravigliosa, unica. Dove ogni cosa è andata praticamente alla perfezione. Thedogventure ha organizzato il tutto in maniera precisa e oculata. E i cani, miei e degli altri partecipanti, sono stati fenomenali. Vederli lavorare con così tanta intensità, per sette giorni di fila e su dislivelli non semplici, e vederli trainare il pesante fardello umano alle loro spalle, è stato grandisono. E poi la sera, quando appagati si rifugiavano in tenda con me… Tutto questo conferma quanto mi piace dire ormai da diverso tempo: più giorni, e con la tenda, fa bene ai cani. Fa bene all’uomo. Fa bene al rapporto uomo-cane e cane-uomo. Ma soprattutto è l’ideale per mettere in comunicazione lo spirito umano con quello del cane e della natura.

Buoni dog trekking a tutti e buon cammino… Aspettando l’arrivo della nuova ed entusiasmante stagione su neve!


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