Il SIberian Husky: intervista a Filippo Cattaneo


Filippo Cattaneo non ha bisogno di molte presentazioni nel mondo del Siberian Husky e della cinofilia. Allevatore di Siberian Husky da trent’anni col suo Allevamento Keral’ghin, nel 1986 fonda quella che fu la gloriosa Associazione Italiana Musher (AIM), per la quale ricoprì i ruoli di Presidente e Vicepresidente. Insieme ad altri importanti musher, contribuì all’affermazione dello Sleddog in Italia e del mushing come stile di vita, partecipando e soprattutto organizzando alcune delle più belle gare svolte tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90. Diventa (sempre negli anni ’90), insieme ad altri, uno dei più importanti allevatori europei. Scrittore di libri e divulgatore della razza siberiana, ha pubblicato decine di testi e articoli su cani e cinofilia, tra i quali il più noto è “Il Siberian Husky” edito da Sonzogno nel 1990. Oggi vive e lavora a Careola di Pontremoli (MS), dove insieme all’allevamento gestisce l’Agricampeggio La Luna e il Falò.

Filippo Cattaneo coi suoi Siberian Husky in una vecchia fotografia

“Quando mi si chiede di parlare di Siberian Husky accetto sempre con grande entusiasmo…e poi mi pento. Mi pento perché da una parte è un po’ come scavare nella mia vita e dall’altra perché ogni parola che dico può – come troppo spesso accade – venire interpretata in modo polemico ed io sono stanco di vedere esseri umani che si accapigliano per affermare non si sa bene cosa. Non lo so, non lo capirò mai dato che ahimé ho una visione tutto sommato positiva dell’essere umano. Sono speranzoso che ciò che dirò non  verrà mai interpretato come un qualcosa contro singole persone – non ho sassolini nelle scarpe – ma come un’opinione tra le altre.”

Come è nata la tua passione per il Siberian Husky?

Siamo negli anni ’80 e si inizia a parlare di natura e di salvaguardia. Il cane è il più diretto contatto tra natura e uomo, un uomo che in quegli anni incomincia a capire che le risorse della terra non sono infinite. La mia vita è sempre stata accompagnata, anche se saltuariamente, dal cane; prima una cokerina fuggitiva, poi un barbone che nella mia adolescenza ha dovuto subire tutte le contraddizioni della mia crescita amandomi incondizionatamente, e per ultima una segugina tutta pepe. Volendo tornare al Siberian, ne ho scelto uno che mi facesse sognare, che mi portasse via. Chi meglio di un cane da slitta?

Cosa è per te un Siberian Husky? Che cane deve essere?

La scelta migliore che potessi fare. Una scuola di vita, una portatrice di ulcera perché non capiva, e a ragione, cosa volesse da lei un uomo ‘dominante’ degli anni ’80 che, affascinato dalla prima etologia, voleva entrare in relazione con un essere così diverso da lui. Finché non abbiamo capito insieme che dovevamo collaborare, cooperare, non scontrarci muso contro muso. Alla fine giravamo per Milano liberi, lei senza guinzaglio e io che ero riuscito a farle capire di aspettarmi prima di attraversare una strada. Un caso quasi unico, perché East era speciale! Mi chiedi che cane deve essere un Siberian Husky? Dal punto di vista comportamentale è un cane che deve andare davanti al suo uomo, che deve guidarlo sia verso l’ignoto sia nel sentiero che giunge alla meta stabilita. Un cane che chiede di affidarsi a lui, che lo fa però solo se ha fiducia in te. È un cane che ti porta dove bisogna andare, che non ha limiti perché è consapevole dei suoi limiti. Non è un cane competitivo, perché la competizione purtroppo è un qualcosa che non ha dei limiti di velocità, ma ha dei limiti di percorso. Una contraddizione? Per gli umani certamente, per un Siberian Husky no. Se devi andare dal punto A al punto B un Siberian Husky cerca di portarti, consapevole che tra A e B ci possono essere degli intoppi che deve saper superare e che quindi non può sfiancarsi in nome del tuo desiderio di arrivare primo! Ti porterà al punto B in un tempo ragionevole, con energia sufficiente per poi tornare al punto A. Cosa non da poco, che solo il suo ‘istinto’ sa governare e molti umani non sanno capire. Morfologicamente lo Standard della razza è la migliore descrizione di com’è fatto un Siberian Husky: perché se non è fatto così non è un Siberian Husky. E non dà spazio a labili interpretazioni soggettivistiche! Anche se non da misure precise (al di là del massimo e minimo per l’altezza al garrese) ti dice che è leggermente più lungo che alto perché è un trottatore e quindi inscritto in un rettangolo, ma solo leggermente perché deve anche poter galoppare senza danni quando il carico da trainare sulla slitta è molto leggero. E soprattutto ti dice che deve “ricordare l’eredità del Nord”: orecchie piccole e ben coperte di pelo, occhi leggermente a mandorla, canna nasale sufficientemente lunga da poter riscaldare e raffreddare l’aria che respira (ma non troppo perché la riscalderebbe o raffredderebbe in modo eccessivo), mantello composto da sottopelo e pelo di guardia di giusta tessitura da non permettere alla neve di raggiungere il primo… e che quindi non rende necessaria nessuna copertina. E così via…

Cosa significano allevare e selezionare?

Allevare lo fanno tutti, si accoppiano un maschio con una femmina e nascono i cuccioli. Selezionare è un’altra cosa, parte da una tua idea di tipo, e devi farlo collimare con lo standard.

Una volta mi hai detto che non esistono cani eccezionali. Motiveresti questa tua affermazione?

Lo standard di razza descrive il modello di cane che rappresenta quella determinata razza. È certamente un modello ideale che se riportato nella realtà probabilmente non esiste, ma un modello cui un allevatore deve tendere. Far collimare tutte le cose, o meglio tutte le parti del cane con il modello, è quasi impossibile. Anche perché ciascuno ha in testa un suo modello. Ricordo un allevatore e giudice americano che un giorno mi ha detto “pensavo che X fosse il mio modello di Siberian Husky, poi ho visto una foto di Y e mi sono ricreduto”. Penso sia un processo, una continua ricerca volta ad interpretare lo standard, a studiarlo e a cercare di vederlo e realizzarlo nei cani che allevi, privilegiando quello che a te paiono le caratteristiche salienti della razza. Il cane ‘eccezionale’ è quello che va bene a tutti. Può forse essere anche un modello corretto, senza nulla che per te può essere eccezionale: per questo, e per fortuna, i cani non sono tutti uguali.

Filippo Cattaneo coi suoi attuali cani
Ogni giorno, in quel mare di opinioni personali che è il web, si sente parlare di Siberian Husky da lavoro e Siberian Husky da show! Secondo te non è una contraddizione in termini? In fondo il Siberian Husky è, secondo lo standard, un cane da lavoro. Siberian Husky da lavoro, da show o semplicemete Siberian Husky?

Attenzione a non fare confusione. Tutti i cani sono ausiliari dell’uomo e quindi legati ad una funzione cooperativa con l’uomo. Quindi sono tutti cani da lavoro, anche quelli da compagnia che fanno forse il lavoro più gravoso: sopportare l’essere umano con tutte le sue manie! Cane da lavoro-cane da show è forse la più grossa idiozia della cinofilia, che essendo opera dell’uomo… Oggi si cerca il cane performante e il cane appagante esteticamente. La vecchia cinofilia, quella che esisteva prima dello show business, parla di bellezza funzionale. Sosteneva che è bello ciò che esalta la funzione del cane. Dovrebbe essere ancora così! È un argomento complesso che meriterebbe una trattazione a parte. Pensa, per esempio, al Setter che a seconda dei terreni sui quali deve operare viene modificato nella taglia, ed in esposizione – ossia nello show business – viene presentato con un mantello improbabile per i terreni in cui dovrebbe lavorare. Ti ripeto, una razza canina ha un suo senso se è legata alla funzione e all’ambiente in cui è stata selezionata e, tornando al nostro Siberian Husky: deve essere strutturato per percorrere lunghe distanze a velocità moderata trainando un carico leggero, e non ha mai un aspetto che ricorda un animale che traina grossi pesi ma neppure così leggero e fragile da ricordare un animale concepito per le corse di velocità su brevi distanze, deve ricordare l’eredità del Nord e deve essere sufficientemente socievole da poter lavorare in team e da non aggredire i cani che incontra e che stanno correndo con altri teams. Soddisfatte queste condizioni abbiamo il Siberian Husky, altrimenti no, abbiamo un cane, magari anche un ottimo cane da slitta.

Ad oggi, come vedi la situazione generale nel mondo del Siberian Husky?

Domandona difficile da fare a uno come me che frequenta ormai pochissimo il mondo delle esposizioni canine. In generale, per quel poco che ho visto, la stragrande maggioranza degli allevatori lavorano bene, attenti al Siberian Husky cane da slitta, non un soprammobile, un peluche da coccolare e basta. Molti si cimentano nel  lavoro, chi a livello amatoriale chi in competizioni vere e proprie. Si confrontano quindi con un cane che deve trainare una slitta e cercano quelle qualità che nello standard di razza sono descritte molto bene e chiaramente. Il SESHI poi, la sezione di razza Siberian Husky del Club Italiano Razze Nordiche, ha il grande merito di proporre nel suo raduno annuale e in alcune esposizioni speciali giudici con un passato da musher, spesso americani, molto vicini alla tipologia di  cane dedito al lavoro del traino della slitta. Mi piacerebbe vedere a questi raduni molti giudici chiamati a giudicare la razza nel ring, ma non specialisti della stessa. Quest’anno al raduno ne ho visti solamente due, l’amica Maria Grazia che non smette mai di voler imparare, e un altro, ma figlio di un grande padre! L’impronta che cerca di dare il club è di un cane che, oltre che tipico nell’aspetto, abbia anche una struttura in grado di compiere il lavoro per il quale è stato selezionato, cercando di superare quel cane che negli anni passati andava per la maggiore: più puffo che lavoratore, più sedentario modaiolo che  atleta. Il mondo al di fuori dagli allevatori, produce ancora purtroppo cani ahimè molto poco tipici, con orecchione da animale da climi caldi, con musi sfilati, con strutture spesso inadatte ad un cane che deve svolgere un lavoro. Altra nota dolente è parte del mondo delle corse, soprattutto quelle di velocità, dove troviamo ancora purtroppo cani con pedigree, ma con una struttura  fisica portata all’estremo per creare cani sempre più veloci. Perché ciò accade, e perché coloro che si ostinano a chiedere a una razza ciò che non è e quindi non passano al modo dei cosiddetti ‘mixed breed’  è per me ancora un mistero che da più di trent’anni cerco di capire, ma forse non ho le carte mentali, l’acume intellettuale, l’esperienza e la conoscenza del genere umano  per comprendere un vero mistero, o forse no… In conclusione devo dirti che vedo molti Siberian Husky con corretti rapporti arti/tronco, con toraci non troppo discesi, ma nello stesso tempo profondi, non roppo ‘a botte’ e con movimenti che mostrano, sia al passo che al trotto, una buona presa sul terreno, capace di imprimere la giusta spinta e un movimento armonico a tutto il cane. Come amo dire, cani che non  volano, ma che mordono il terreno e che quando si muovono non sembra che questo gli scivoli via sotto i piedi.

Il Siberian Husky è un cane primitivo? È un figlio del lupo?

No, non è un cane primitivo, è un cane di tipo spitz, cioè un cane con orecchie erette, con canna nasale, folto mantello e coda folta. Il cane primitivo è il cane che ricorda i primi cani, quei primi animali che si sono accompagnati all’uomo e che non hanno subito modificazioni dalla selezione umana. Il cane da slitta della Siberia, e nel nostro caso quello del popolo dei Ciukci è un animale modificato e selezionato dall’uomo per il traino della slitta con un aspetto che gli permette di poter sopravvivere nelle rigide temperature del Grande Nord. Non è quindi diretto discendente dal lupo, ma come tutti i cani discende da un animale che, pur diretto discendente del lupo, si è adattato ad una nicchia ecologica presso gli accampamenti degli umani, nicchia ecologica ben diversa da quella del lupo. Non è quindi un lupo, ma un  cane, nonostante molti lo chiamano il mio lupetto e spesso pensano sia discendente diretto del lupo: ciò è però un grosso abbaglio. Bisognerebbe qui fare una storia dell’evoluzione del lupo, ma è lungo e complicato. Semplificando possiamo dire che il lupo è un animale decisamente selvatico che però ama le sue comodità: se trova sulla sua strada animali domestici o simili, preferisce cacciare quelli che non effettuare difficili ed estenuanti inseguimenti per raggiungere e colpire la sua preda. Questo in generale può aiutarci a capire che quando l’uomo in evoluzione, ancora cacciatore-raccoglitore, si fermava per più tempo in un accampamento o in grotte, alcuni lupi che lo seguivano per  cibarsi dei resti della caccia (carcasse), piano piano nel tempo hanno incominciato anche ad usufruire dei resti del cibo dell’uomo, modificandosi lentamente, soprattutto nella dimensione del cranio (più piccolo), nella forma dei denti (meno aguzzi e taglienti) e, probabilmente, anche nella struttura fisica. Un lentissimo processo che ha prodotto un animale non più lupo, con comportamenti e abitudini alimentari diverse; oltre ad un lentissimo processo di mutazione morfologica. Neppure ancora cane però, in quanto quest’ultimo prevede un addomesticamento non ancora avvenuto. Questo è il vero animale progenitore del cane che conosciamo noi oggi: un non più lupo o quasi cane. E’ questo animale che ha prodotto cuccioli che forse l’uomo o i bambini dell’uomo hanno adottato per poi addomesticare. E’ questo animale che ha conservato antiche capacità di cacciatore che insieme all’uomo si sono evolute sino a creare un binomio cooperativo che aveva tutto da imparare l’uno dall’altro per mettere in atto nuove tecniche di caccia. Lo stesso dicasi per il cane da pastore: da questo animale biologicamente portato a rincorrere e dividere le greggi per cacciarle, l’uomo – divenuto allevatore – ha probabilmente appreso come poter meglio radunare i suoi animali e quindi condurle dove desiderava, in un lavoro di affinamento delle tecniche che insieme hanno probabilmente elaborato, selezionando un animale che trovava nutrimento non più dalla caccia, ma dalle mani dell’uomo. Sono tutte ipotesi certamente suggestive, e anche in parte frutto dell’immaginazione, che prendono però lo spunto dalla collaborazione dell’uomo con un animale ormai predisposto a convivere e cooperare con lui. Ripeto: non è quindi un lupo che lentamente diventa un quasi cane per diventare poi cane a tutti gli effetti nella collaborazione e coesistenza con l’uomo. È un po’ come chiedersi se l’uomo di oggi, il sapìens sapiens, sia un diretto discendente dell’austrolopiteco. In senso lato certamente sì, ma l’austrolopiteco ha prodotto diverse linee evolutive e solo una di queste si è evoluta in homo sapiens, e quindi nell’uomo di oggi (quanto sapiens sapiens non saprei proprio dire!!!)

Diversi anni fa hai scritto un fortunatissimo libro sul Siberian Husky: rispetto ad allora com’è cambiata la cinofilia in generale e quella legata al Siberian Husky?

Sono figlio della vecchia cinofilia italiana, anglosassone ed europea, che poco ha avuto a che vedere con la cinofilia made in USA; una cinofilia molto tecnica, il cui concetto di bellezza non era legato unicamente alla bellezza estetica, bensì al concetto di “bellezza funzionale”:  è bello ciò che funziona bene, che non necessariamente deve corrispondere a canoni estetici. Ovviamente verso la fine del secolo scorso questo concetto di bellezza non poteva venire accettato a priori, e io stesso nel mio piccolissimo sono stato fautore di un mondo cinofilo più aperto al coinvolgimento del pubblico e più rispettoso del fatto che l’evento cinofilo non era più solamente un fatto privato tra addetti ai lavori, ma anche un modo per presentare e far conoscere al grande pubblico le varie razze canine. Presentazioni dei cani nei ring più curate sia nel movimento che nel piazzato, guinzagli e collari adatti ad esaltare le linee del cane, cani maggiormente abituati alla presenza di altri cani e a un giudice che deve toccarli e valutarli. Tutti accorgimenti non sempre presenti, ma che se adottati sarebbero serviti sia a migliorare e facilitare i giudizi dei giudici, sia la comprensione del pubblico presente.  Purtroppo però lo show business ha preso il sopravvento e quelle che dovevano a mio parere essere miglioramenti interni ad un progetto in evoluzione, sono diventate regole imprescindibili portate all’esasperazione. Un grande pubblico desideroso soprattutto di spettacolo, handlers, sponsor, alcuni giudici che amano viaggiare più che giudicare e siamo  così rapidamente giunti ad un “occhio pigliatutto”. Non voglio con questo demonizzare nulla, mi piacerebbe però una base selettiva più puntuale, con giudici veramente  competenti ed esperti della funzione delle singole razze, capaci di scegliere i soggetti migliori; e non esclusivamente soggetti atti ad appagare esclusivamente l’occhio estetizzante e non la sostanza; sostanza che anche se non si vede ad occhio nudo e dalle tribune, possiamo essere sicuri ci sia grazie alla selezione precedente. Purtroppo non sempre è così! Mi chiedi anche del mio libro, si ha avuto un discreto successo, tanto che alcuni mi chiedono di ripubblicarlo dato che è ormai esaurito. Un buon risultato che ascrivo al fatto che ho cercato di divulgare concetti magari difficili, che ho fatto un po’ di storia e che soprattutto ho cercato di rispettare tutti coloro che lavoravano a quel tempo intorno al Siberian Husky.

Alcuni dei siberiani nati al Kerla’ghin. In alto da sinistra: Perla; Saphira. In basso da sinistra: Siberian Husky Keral’ghin’s sotto la neve; Scotty.
Parlando più tecnicamente, il Siberian Husky deve avere un’ottima struttura: torace, arti ben saldi, tutto proporzionato, ecc. Cosa vuol dire questo?

Rimando come sempre allo standard di razza che è molto chiaro sia nella descrizione del tipo che della sua funzione. Non ricordo se te l’ho già detto, ma quando penso al cane da slitta della siberia penso sempre a una muta che dopo il meritato riposo parte con i suoi uomini verso i territori di caccia a tutta velocità: uomini e cani sanno bene che devono raggiungere al più presto il mare, i primi per avere il tempo di cacciare e i secondi perché saranno certamente premiati dai succulenti scarti delle prede. Per poter poi ritornare all’accampamento trainando una slitta appesantita dal carico, anche in questo caso però abbastanza velocemente per non imbattersi in tempo e temperature ostili. Rileggetevi sempre lo standard!

Cosa consiglieresti a chi si avvicina a questa razza per la prima volta acquistando il suo primo Siberian Husky?

Mi capita spesso di cedere cuccioli anche a persone totalmente ignare di chi sia il Siberian Husky. Se sono colpite solo dalla sua bellezza estetica, li invito a cercare un cane al canile, così capiranno cos’è un cane, bello o brutto che sia. Purtroppo alcuni poi trovano un Siberian Husky su internet, bruttarello, ma per loro splendido, magari con due orecchie grandi come dei radar di prima generazione e due  occhioni tondi ma azzurri, e risparmiano pure! Molti invece si sono documentati, hanno qualche idea di cosa andranno incontro e, se sono disponibili ad imparare, li prendo in considerazione come futuri ‘siberianhuskisti’. Poi se sono sportivi, e amano andare in mezzo alla natura, ancora meglio. Ci sediamo e parliamo a lungo dei pro e dei contro e se decidono di andare a casa con un cucciolo, saranno dei felicissimi “husky lovers”. Se poi gli metteranno l’imbragatura e andranno a correre insieme, meglio. Altrimenti i loro cani saranno dei felicissimi poltroni, appagati dal vivere nel loro nuovo gruppo! Uno dei pochi consigli (o imperativi) che do è quello di fare sempre qualcosa con lui, di dialogare e di insegnargli sempre qualcosa. Il vero ostacolo per una buona convivenza con un Siberian Husky è la noia e la routine.

Infine una domanda insolita, quasi un po’ strana: secondo te il Siberian Husky, come cane da lavoro in Italia è stato capito (dalle persone comuni, dai mushers, dagli allevatori, dai cinofili…)?

Basta parlare di cani da lavoro, tutte le razze canine sono legate ad una funzione e il venir meno di queste non deve snaturare le varie razze. Per ovviare a ciò sono state istituite le prove di lavoro che, legate alla valutazione morfologica, dovrebbero sancire la tipicità o meno di un cane di una determinata razza. Molte prove di lavoro sono purtroppo difficili da realizzarsi nella loro completezza. L’importante credo sia che gli allevatori testino alcuni cani delle loro linee in modo da garantire la funzione originaria e che non cedano in maniera esagerata alle richieste tutte estetiche dello show business. Mi chiedi se il Siberian Husky è stato capito: in generale ti rispondo di no. E’ ed è stato certamente molto amato perché è un cane ancora molto ‘naturale’, non adatto ai compromessi, ma purtroppo in pochi sanno cosa vuole dire. Non adatto ai compromessi significa che è in grado di fare ciò che gli si chiede solo e unicamente se viene rispettato nel suo rapporto con il gruppo, se in questo rapporto non è un oggetto ma una parte di un tutto che prevede amicizia e doveri. In questo dico che è stato poco capito, ma troppo spesso solo, e anche troppo, amato.


2 risposte a “Il SIberian Husky: intervista a Filippo Cattaneo”

  1. Grazie mille lei è stato di aiuto tantissimo cosi adesso riesco capire meglio come e mio Siberian husky 😉

  2. In pochi comprendono realmente…Lei è riuscito a spiegare perfettamente questo essere meraviglioso.

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