Quasi due anni fa scrissi una brevissima riflessione, da puro neofita, su chi sia il musher. Un breve pensiero, dettato dall’entusiasmo e dalla nascente passione per questo mondo. In questi due anni ho avuto modo di osservare, leggere, studiare, vedere…e sottoscrivo ancora parte delle parole che utilizzai allora. Eppure, a seguito della loro casuale rilettura potrei proseguire con una domanda: c’è ancora futuro per il mushing? È una domanda che mi sorge spesso. Uno legge, studia, si confronta e quello che sembra emergere è un mondo quasi in via di estinzione, nonostante gli sports cinofili ad esso collegato sembrino vivere un fiorente sviluppo. Viene spontaneo chiedersi “c’è ancora futuro per il mushing? Ancora posto per i mushers?”.

Oggi qualcosa sembra però differente. Innanzitutto un intendere questo mushing molo più simile a una disciplina atletica agonistica tra le tante, soprattutto dal punto di vista umano; una disciplina sempre più antropocentrica: e il cane spesso passa in secondo piano. Esso sembra quasi ininfluente, poiché ad esempio la parvenza è che chi fa il tempo sia l’atleta e non il cane. Volutamente ho utilizzato il termine atleta: infatti sempre più spesso tale sostantivo prende il posto del più corretto termine musher. Nel mio immaginario ideale il musher è colui che ha almeno quattro cani con cui lavora e colui che fa del mushing uno stile di vita: i cani condizionano i suoi ritmi d’esistenza, i suoi progetti; il musher condivide. Il musher è il conduttore.
Sembra assai frequente l’utilizzo – a modi sinonimo – della parola atleta. A me piace credere una cosa: il musher non è propriamente un atleta. Il musher non pensa come un atleta. Il musher è un conduttore. Musher trova origine probabilmente dal termine to mush, con il quale si dava il via alla muta di cani. La parola conduttore è molto significativa. Il conduttore è colui che conduce (la slitta o il kart), ma conduttore ha – almeno nell’accezione italiana del termine – un ulteriore significato che trovo estremamente profondo. Se pensiamo al mondo fisico il conduttore è quel corpo che permette il passaggio di una corrente elettrica o un’energia d’altra natura (come il calore) da un punto X a un punto Y. L’elettricità senza il lavoro del conduttore in rame difficilmente porterà il proprio shock all’obiettivo. Se trasliamo il concetto all’universo del mushing ci rendiamo conto come ciò calzi perfettamente: l’essere umano, in quanto musher, ossia in quanto conduttore, non solo conduce la slitta, ma è il tramite attraverso il quale il lavoro entusiasta del cane (mediante la sua forza, la sua velocità, la sua resistenza, la sua voglia di correre e la sua capacità di trainare) passa e permette di arrivare alla destinazione stabilita. L’uomo, o musher, è un conduttore.

Coi suoi cani non vive in un regime dietetico e agonistico tipico del mondo atletico: bensì vive in una modalità simbiontica con un animale. Egli vive per i suoi cani, ma ancor più importante, vive con i suoi cani. Se ci sono degli atleti, sono i cani. E solo loro! Il musher non deve fare allenamenti fisici con modalità proprie dell’atletica o propri di qualsiasi sport agonistico generalmente conosciuto. Certo, un minimo di forma fisica e di allenamento la si deve avere: come dovrebbe essere in ogni stile di vita sano ed equilibrato. Il lavoro d’allenamento che il musher deve saper fare è prima di tutto sul suo cane, e prima ancora che fisico deve essere mentale. Lavorare con la testa del cane…assecondandone l’indole spirituale e la predisposizione morfologica e fisica. Ovvio, sto parlando di cani da slitta e che per tale compito sono stati selezionati dall’uomo; non sto scrivendo di cani in generale. Perché si dà per scontato che un musher abbia dei cani da slitta che tali si possano definire: insomma, che non corra con una muta di Retriver!

Diventare un musher e vivere da musher trovo sia uno degli stili esistenziali più magici e belli che possano esistere. Una vita in condivisione totale coi propri cani, sempre alla ricerca di luoghi nuovi da esplorare, di sfide da accettare, in scenari naturali che trasportano l’anima nella sua primigenia realtà. Si condivide ogni cosa: le fatiche, le gioie, le difficoltà, gli obiettivi. Si impara a condividere anche con altri uomini. Il musher è i cani e i cani sono il musher. Stare là fuori, da solo, sulla neve, per un musher deve essere una delle sensazioni più intense da provare: sente i cani. I loro pensieri, i loro umori, i loro desideri. La mente è una e una soltanto. Difficile spiegare da fuori queste emozioni; ancor di più è difficile esternarle. Ho la fortuna di poter uscire quasi ogni sera coi miei due cani insieme ad un musher che vive questo stile di vita da trent’anni: ogni parola che mi dice, ogni pensiero, ogni critica, ogni consiglio, ogni suo gesto, ogni suo sguardo servono per imparare. Esistono ancora i musher, però affrettatevi, trovatene uno e seguitelo. Prima che sia tardi.

Ma il sogno è ancora lì, forte, che batte. Non il sogno di Jack London (il cui romanzo sul mondo dei cani da slitta è un’aberrazione e una sciagura letteraria, a detta anche di Raymond Coppinger). È un sogno concreto a cui ciascuno di noi che condivide la vita con i propri cani da slitta deve quanto meno provare ad assaporare. Senza romanticismi, senza illusioni. Parlo e scrivo da profano, ma se si decide di lascarsi cullare da questo sogno, che non è un fare gare ma trasformare la propria vita in quell’avventura quotidiana col proprio cane (o meglio i propri cani), allora tutto potrà essere fatto. Assecondare la natura dei propri cani è così facile… ma l’essere umano deve trovare la forza e il coraggio per poter scegliere di compiere questo piccolo ma immenso gesto. Deve trovare il coraggio per far fare al suo cane il cane!
Musher come conduttore, musher come legante, musher come cane da slitta, musher come stile di vita!

Devo ringraziare di cuore due persone: Filippo Cattaneo, che molto mi sta insegnando sul Siberian Husky, e Marco Ossola, che passo dopo passo, con pazienza, mi sta guidando nel meraviglioso mondo del mushing. In maniera diversa e osservandoli al lavoro, entrambi sono stati fonte di ispirazione per questa mia riflessione.

Riflessione dedicata a quanti fanno del mushing uno stile di vita: la propria vita.
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